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Gli hedge per ora reggono l'urto

di Gianfranco Ursino

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29 ottobre 2008

Per alcuni sono i demoni da esorcizzare, per altri sono solo le vittime sacrificali di un sistema finanziario da ridefinire nel suo complesso. Due visioni antagoniste del ruolo degli hedge fund che negli ultimi anni tornano sempre alla ribalta in occasione di improvvisi movimenti dei listini. Puntualmente anche nel precipitoso susseguirsi della crisi in corso è partita la crociata contro gli hedge. Da più fronti è stata sollevata la necessità di nuova trasparenza e maggior regolamentazione dell'industria hedge e sono scattati i divieti delle vendite allo scoperto dalle diverse Autorità di vigilanza internazionali. Che non hanno però impedito alle Borse di precipitare e che hanno, sostengono i difensori degli hedge, colpito in primo luogo i gestori con posizioni corte sul settore finanziario, soprattutto quelli con una strategia covertible arbitrage che si sono trovati nell'impossibilità di coprire il loro portafoglio lungo sulle convertibili.

La tenuta dei fondi di fondi
In un mese di settembre che passerà alla storia per il rischio concreto di crack del sistema finanziario globale, in una spirale di notizie che hanno sconvolto l'intero sistema di controparti dell'universo hedge, i fondi di fondi alternativi italiani non hanno potuto evitare di subire contraccolpi, ma l'impatto per loro si è ridotto ad un risultato mensile pari a -5,53%. Ad eccezione degli investimenti tradizionali a basso rischio in titoli di Stato, nel mese tutte le altre principali asset class hanno fatto registrare perdite mensili mediamente a doppia cifra. E se dallo scoppio della crisi subprime alla fine di agosto 2008 l'industria degli hedge fund ha saputo ben fronteggiare i riflessi dei crolli innescati da livelli di esposizione al rischio e di indebitamento del sistema bancario internazionale (tipicamente 30 volte il patrimonio la media dell'indebitamento per le investment bank), con la perdita registrata nel mese di settembre i fondi di fondi hedge italiani, dopo sei anni consecutivi di performance medie positive, si accingono a chiudere il 2008 con il segno meno (a fine settembre il calo stimato da inizio anno dell'indice generale è del -9,4%).

La dispersione dei puri
E se per i fondi di fondi si tratta solo di prime stime, per lo sparuto gruppo di hedge puri di diritto italiano sono già disponibili i dati definitivi. Nel mese di settembre i fondi single manager Long/short equity italiani (il cui peso è limitato a circa il 5% in termini di raccolta totale) hanno perso in media il 6,75%, con una forte divaricazione tra i diversi prodotti. Si va dal -25% del fondo Faro di Carisma Sgr, del gruppo Bain & Company Italy, al +0,6% di Finint Equity I. Rendimenti che da inizio anno variano dal -52% del fondo Finint Abs specialializzato sulle cartolarizzazioni, al +2% di Ubi Pramerica Long Short Euro.

Giocare in difesa
In un contesto estremo i gestori hedge puntano a contenere il più possibile i crolli, con un aumento dei livelli di cash e l'utilizzo di strumenti di copertura. Nel Global Financial Stability Report di ottobre 2008 il Fondo Monetario Internazionale riporta che gli hedge fund a livello mondiale hanno incrementato le posizioni cash dei loro portafogli, in media, dal 14% di un anno fa al 22% di oggi. Inoltre dalla stessa fonte risulta che la leva media degli hedge fund è calata da 1,7 volte il patrimonio del 2007 a circa 1,4 volte del 2008. Un anno che si accinge a chiudere con un numero elevato di fondi liquidati, in linea con quello degli anni precedenti, (vedi tabella a lato) ma con una sensibile contrazione dei debutti. Ma parlare di chiusura per gli hedge non vuol dire fallimento. Come per ogni altra attività imprenditoriale anche per gli hedge la chiusura equivale ad una situazione di insostenibilità del business, ad esempio per un patrimonio troppo limitato per partire, con conseguente restituzione dei soldi agli investitori. Oppure per i processi di aggregazione, ma anche per la volontà di alcune case d'investimento di cancellare delle brutte performance.



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